La Domenica della “Parola” diventa ascolto affinché il “Vangelo” diventi vita.
La III Domenica del tempo ordinario è divenuta da qualche anno, per volontà di Papa Francesco, la Domenica della Parola. Durante la celebrazione di stamattina i segni che ce lo facevano intuire erano presenti: l’ambone era adornato di fiori come l’altare, l’Evangeliario è stato portato processionalmente e dopo la proclamazione del Vangelo posto sull’altare.
Ma cosa vuol dire che oggi è la Domenica della Parola? Lo spiega Don Alex durante l’omelia e come ogni volta in cui ci sono orecchie bambine ad ascoltare lo fa con l’aiuto di due genitori.
Affermare che Dio ha “Parola” equivale a dire che Dio ci parla. Ma come lo fa? Non sarà con segni eclatanti, non si aprirà il cielo e udremo la Sua voce, ma Dio ci parla costantemente attraverso la Sacra Scrittura, ma per sentirlo dobbiamo imparare ad ascoltare.
Perché sentire ed ascoltare non sono verbi sinonimi, o meglio, ascoltare ha un significato più profondo. Per ascoltare è necessario mettere in gioco orecchie, cervello e cuore e scavare nella profondità di cosa il Signore sta dicendo alla nostra vita.
È questo il significato di questa giornata, ricordare che è la Sua Parola ad avere centralità, non la nostra, che è Dio a dover stare davanti e noi dietro, seguendolo. Don Alex ci esorta a mettere sempre il Signore davanti, anche quando preghiamo. Siamo soliti pensare che pregare sia un’azione in cui noi parliamo a Dio, in cui riversiamo su di lui tutti i nostri dubbi, inquietudini e richieste. Ma pregare significa soprattutto metterci in ascolto e lasciare che lui parli a noi.
Come segno di una Parola che diventa intima e famigliare, è stata scelta questa giornata per consegnare un Vangelo ai bambini che hanno intrapreso il nuovo cammino in stile catecumenale appartenenti al gruppo Nazareth, affinché essi possano scoprire, conoscere e seguire Gesù e tramutare la “bella notizia” del Vangelo in vita quotidiana.






